Sembra di guardarla da un finestrino appannato. L’aria polverosa e fosca, se l’ascolti, bisbiglia l’ultimo soffio di cenere dei defunti donati al Gange.

Una lunga lingua di sabbia fine si spalma lungo il più celebre fiume dell’India, culla della labile brevità della vita.

Varanasi è un fiume mosso di pensieri, d’acqua vibrante di mistico e di inquieto, d’odissee di candele naviganti e riti d’abluzione.

Un’imbarcazione tra le tante ti conduce lungo i ghat, verso la folla di persone con le tasche piene di fede e dai volti contrisi.

Durante la sera una cerimonia si svolge sul Dasaswamedh ghat, fatta di canti monotòni, candele danzanti e nuvole d’ incensi. La compartecipazione è intensa sul ghat e dal mare, su barconi dove un via vai di venditori di Chai tea e candele saltellano da una imbarcazione all’altra.

Al mattino presto il volto della città cambia aspetto, ti assorbe in un senso di relax paralizzante e di contemplazione.

Ancora poche persone sono sui ghat, per la strada girotondi di gente accovacciata si chiudono in bische di carte clandestine.

Anche le sacre mucche si lavano nel fiume e qualcuno, con molta naturalezza, dona alla riva del Gange i suoi bisogni corporali.

Il Burning ghat

Una calamita di due poli in lotta ti trascina in uno dei luoghi più assurdi della Terra. Un senso di tetro ed insieme di attrattiva si solvono nel fumo perpetuo del Burning ghat.

La casta degli “intoccabili”- addetti alla cremazione dei cadaveri- è lì tutto il giorno. Hanno gli occhi pieni di cenere al vento, pieni di vite spente per una chissà quale reincarnazione futura.

Grosse pile di legno bruciano sul ghat mentre le fiamme si alzano al cielo. Anche dove non ci sono per davvero, vedi sagome nelle viscere del fuoco.

I bambini e le donne incinta (poiché innocenti), i lebbrosi e i morsi dal cobra (poiché espressione di Shiva) non vengono cremati, ma buttati nel fiume con un peso di pietra.

Un continuo sali scendi di corpi trasportati su lettighe, ricoperti di lenzuola coloratissime e fiori, è intonato da reiterati “Ram Nam” ( invocando un Dio, reincarnazione di Vishnu).

Lacrime soppresse nei volti composti dei familiari, altrimenti l’anima non può completare l’illuminazione.

Il parente più vicino, addetto all’accensione della pira con un fascio d’erba, viene dapprima rasato lasciando dietro la nuca solo una ciocca di capelli (come vuole la tradizione).

Alle spalle del ghat un edificio ospita i moribondi, venuti a morire qui per ultimo desiderio. Per bruciare un corpo, a seconda delle dimensioni, servono all’incirca 250 chili di legna e 3-4 ore per ridurlo in cenere.

La cerimonia è piuttosto costosa e ovviamente non tutti possono permettersela. Anche per questo ci sarà sempre il vecchietto di turno che si offre di raccontarvi la storia per poi aspettarsi qualche donazione. Ma diffidate di queste persone perché i soldi andranno tutti al proprietario dell’impresa che gestisce la cremazione.

Ma la più bella realizzazione è quanto sia chiaro che la vita è una livella. Ed una volta morti, anche i più ricchi, passano nelle mani del lavoro degli “intoccabili” per poter ottenere la loro illuminazione.

Nel mezzo di tutta la non compianta funzione, il Gange scorre, figlio della testa di Shiva, fagocitando ogni cosa nel suo severo giudizio.

Dove mangiare:

Carvaan:

Un tranquillo e familiare posticino, gestito dal marito con l’aiuto ospitale della sua dolce moglie. All’angolo di una strada l’icona di un trenino a vapore ti invita ad entrare, non distante dall’Assi ghat.

I piatti sono molto locali, a prezzi ragionevoli, e profumano quanto più dell’amore e della semplicità di casa.

L’Apple Lassi è assolutamente delizioso e non da meno il Caju Paneer (il loro formaggio fresco in salsa di anacardi).

Open hand:

Per un’alternativa più “Europea” e se siete in caccia di dolci che facciano danzare le papille gustative, Open hand è il posto giusto. La solare Rinki è la fautrice delle meraviglie zuccherine esposte in vetrina all’entrata.

Un godurioso profumo di cannella e cioccolato serpeggia nell’aria ed una vetrina di torte e muffin sembra un’implicito ammonimento dantesco: lasciate ogni speranza voi ch’entrate.

Consigli per la colazione: la torta al cioccolato, muesli con yogurt… e il cappuccino tanto agognato.

Top del top: Blue Lassi shop

Anche se non è facile trovarlo, nel dedaleo disegno degli stretti vicoletti costeggianti i vari ghat, non demordete!

Il blue lassi, oltre ad essere stato, a giusta ragione, menzionato nella celebre guida della lonely planet, è alquanto frequentato.

La sua fama di Lassi più buono di Varanasi, ne porta la bandiera con orgoglio.

Un modesto locale tutto blu, dalle luci soffuse e con un vasto tappeto di foto decorante la parete interna, porta l’insegna di “Blue lassi”.

L’ambiente, coi suoi colori e le sue luci è piuttosto peculiare. L’anziano padre ed il figlio lavorano insieme, e il menù offre una pericolosa lista infinita di lassi possibili, da perderci ore.

Difficile non pensare di ritornarci.