Lungo la strada, fate tappa a Fatephuri Sikri, a circa un’oretta da Agra.

Fatephuri Sikri:

(ingresso 310 rupie a persona)

È la sconfinata dimora del re Akhabar. Palazzi maestosi, in un color giallo ocra che abbiamo visto essere emblema della regalità.

Ampi cortili si aprono sotto lo sguardo vigile di lunghi colonnati maestosi.

Tra le dimore, quelle per le tre mogli di Akhabar, due cucine si distinguevano tra vegetariana e non, la prima intarasiata di forme d’orecchini.

In diversi dettagli del complesso nasce l’ipotesi di un’influenza cristiana. Disegni che rimandano a croci e stili tipici della Chiesa, ma nulla é stato accertato.

Tra le colonne, sotto i portici, filtrano i raggi del sole che sta per tramontare.

Sulle pareti di una stanza sopravvive il dipinto di Krishna che suona il flauto, sul frontespizio di un’altra, all’esterno, venivano riprodotte le torture che il re faceva fare ai giustiziati, schiacciati sotto le zampe degli elefanti.

Taj Mahal:

(ingresso: 1300 rupie a persona)

All’ingresso non sono consentite bevande e cibo.

Il Taj Mahal è una delle 7 meraviglie del mondo, e di sicuro non è un caso.

Vederlo all’alba ti sgrava un minimo dalla folla imbizzarrita per foto e selfie.

Prima di poterlo ammirare, valicate uno dei giganteschi quattro ingressi che segnano i punti cardinali.

L’entrata è come il velo che copre il volto di una donna dalla bellezza divina.

Scoperto il volto, il bianco Mausoleo dalle forme sinuose e dall’impeccabile geometria, giace, mastodontico, all’apice di lunghi canali d’acqua in cui si specchia superbamente.

Le luci dell’alba ne accarezzano soffusamente le ombre e le dimensioni importanti ne conferiscono una solennità intoccabile.

Shah Jahan lo fece costruire per la sua moglie preferita, Mumtaz Mahal, una donna persiana dalla rara bellezza, a cui era particolarmente legato.

La donna morì dando alla luce il 14esimo figlio. Prima della morte, però, fece promettere al re di fare qualcosa affinché lei non venisse dimenticata.

È così che, nel 1631, ebbe inizio la costruzione del complesso. Sette anni ci vollero solo per la realizzazione del Mausoleo e ventidue anni per l’intera opera.

Nella struttura ricorre più volte il quattro, un numero sacro.

La pianta è, difatti, ottagonale. Agli angoli, sono presenti 4 torri, come i quattro angeli del paradiso, alte 80 metri.

In cima, il pinacolo si innalza per 10 metri con la luna orizzontale a forma di calice tipica dell’islamismo. Oggi il pinacolo è in bronzo, ma in passato era tutto ricoperto d’oro.

Sulla splendida facciata in marmo bianco i fiori sembrano dipinti. Invece, è un laborioso processo di incastro.

Entrati nel Taj Mahal (laddove le foto sono proibite) le due tombe del re e della moglie sono state poste vicine. Sono false tombe, al di sopra di quello che è il reale sepolcro, per non permettere alle persone di camminarci sopra, garantendo il massimo rispetto.

La tomba del re è ciò che spezza l’impeccabile e armoniosa simmetria interna del mausoleo. La morte e l’amore si mescolano qui in un’essenza unica.

Il re fece firmare agli architetti che realizzarono il Taj Mahal un contratto in cui essi promettessero di non realizzare mai più un’opera come questa, “tagliando loro le mani” nel senso metaforico del termine.

La leggenda si è poi tramutata nella recisione vera e propria delle mani degli architetti ad opera del re.

Shah Jahan, che spese tantissimo denaro per poter appagare l’ultimo desiderio della moglie e realizzare un qualcosa di ineguagliabile, venne visto di mal occhio dal figlio, Aurangjeb, che fece rinchiudere il padre in prigione.

Dalla prigione, Shah Jahan, poteva vedere in lontananza la sua opera.

Puoi sentirlo ancora sospirare, senza sapere, che il suo atto d’amore è una promessa eterna scolpita nel marmo.