Dopo il freddo e l’insolazione sulla barca del giorno precedente decidiamo di concederci qualche ora di sonno in più nella mattinata. Ci svegliamo, prepariamo le borse per depositarle giù in reception e andiamo a fare colazione, il tutto ad un passo piuttosto lento. Intanto decidiamo di andare a visitare Chicuito, uno dei villaggetti che punteggia la costa del lago. Usciti dal bar decidiamo di percorrere a piedi la strada che ci porta al terrapuerto o terminal terrestre, elemosinando qui e là informazioni un pó’ contraddittorie dalla gente locale. Sarà che le traverse e le vie parallele che compongono la città sono troppe perfino per loro. Giunti là per prima cosa ci assicuriamo di comprare i biglietti per Cusco.

Questa volta, dopo l’ultima esperienza poco positiva, decidiamo di viaggiare con questa compagnia che ci sembra buona, si chiama proprio “Cusco”. Il bus parte alle 22:00 di sera e arriva alle 5:00 a destinazione.
A questo punto andiamo a cercare un collectivos per arrivare a Chicuito e fuori dal terminal, poco distante, lo troviamo grazie ad un signore che urla il nome del paesino. Ci incastriamo al lato del conducente assieme agli zaini e si va.

Andando verso Chicuito i paesaggi rurali rubano la nostra attenzione. Dalle scure montagne sul fondo emergono prepotenti delle stalagmiti rocciose in diagonale che sembrano avere completamente trafitto il cuore del monte e questa parte del lago si colora di un blu oltremare incante_DSC5387vole, mentre tra una distesa di terra e l’altra sagome aranti di contadini riempiono i campi. Intuiamo immediatamente come qui la vita debba essere molto semplice.

Prima tappa a Chicuito è il famoso tempio della fertilità, null’altro che un recinto di pietre con degli ammassi sassosi di forma fallica in varie dimensioni. Certo pagare 5 S a persona per vedere dei falli non è proprio il massimo, ma due alpaca che campeggiano proprio lì vicino brucando l’erba meritano la visita. Vito prova ad accarezzarli per primo, dopo essersi assicurato dalla simpatica signora custode del tempietto che non “sputino”. Prova a dargli dell’erbetta strappata da terra, ma uno di loro non sembra molto entusiasta, anzi gira la faccia dall’altro lato con disprezzo; sembra un po’ snob, ma in realtà sarà solo timido. IMG_9111.JPGL’altro più goffo, accovacciato sull’erba, non ha nessun problema, anzi sembra godere delle nostre carezze.

Congedatoci da questa bizzarra attrattiva locale, ci muoviamo in giù alla scoperta di cos’altro possa offrirci questo paesino, senza preorganizzazione, ma seguendo solo il fiuto dell’istinto ed ad un certo punto seguendo anche una nube di fumo che solca il cielo da lontano. Ci rendiamo conto che ci stiamo inoltrando in enormi campi di terra dove germogliano distese di coltivazioni. In un attimo siamo lontani dalla solita civiltà, e la curiosità è terribilmente incontenibile, così continuiamo ad avanzare seguendo il percorso incolto per spingerci oltre, finché non incontriamo una giovane ragazza circondata da un bestiame di pecore. Chiediamo a lei qualche _DSC5413informazione e sentendo da lontano voci rumorose di bambini che rimbombano nei campi laddove arde il fuoco, chiediamo se è possibile raggiungerli.

Per fortuna mentre tentiamo di raggiungere la scia di fumo incontriamo un’altra ragazza che stava andando in quella direzione e le chiediamo di farci da Cicerone tra l’alta erba, il terriccio umido, e pecore e mucche pascolanti. Ci siamo addentrati in un posto fiabesco. Strizziamo gli occhi di fronte ad un ambiente contadino umilissimo, ma ricco di incanto. All’improvviso ampi specchi d’acqua formati dall’acqua del lago stesso che è penetrata rendendo il terriccio fangoso rendono il nostro passo più goffo. I piedi sprofondano come nelle sabbie mobili e una volta solcata l’impronta devi scollare con forza le scarpe.

Giungiamo finalmente in questa piazzola di terra in mezzo all’erba, dove un gruppo vivace di bambini, vestiti solo di vecchi panni infangati e a piedi scalzi, giocano a nascondino tra le frasche. _DSC5473_DSC5432-ModificaUrlano e corrono col sorriso sempre in volto ed una luce negli occhi che brilla più di qualunque oro al mondo. Mentre Vito con la macchina fotografica cerca di immortalare anche solo un briciolo delle emozioni che stiamo respirando, io rimango come paralizzata a scrutarli, ad indagare come il nulla possa renderli felici e invincibili di fronte alla vita.

Mi sento quasi come un soldato invasore, ho la sensazione di star sporcando qualcosa di estremamente pulito. Non sarà facile stropicciare via dagli occhi queste immagini. Due di loro contano sdraiati su un tappeto d’erba secca e tutti gli altri corrono ad acquattarsi in mezzo alle alte frasche. Poi quando qualcuno viene avvistato si corre freneticamente in mezzo al campo dov’è posizionata una bottiglia di plastica schiacciata e mal ridotta e si inizia a batterla per terra con impeto urlando il nome del bambino scovato.

Per un bel po’ di tempo siamo rimasti là a contemplare questa vita genuina ed essenziale che è quasi catartica oltre che inevitabile ragione di riflessione. Indugiamo più volte prima di andarcene e alla fine lasciamo loro qualche monetina. Allontanandoci vediamo che si sono tutti raggruppati a scrutare le monetine mentre noi scompariamo tra la fitta piantagione e loro diventano piccole ombre inafferrabili. Cerchiamo di ritrovare la via in mezzo al magico nulla indirizzati da un altro amabile contadino e gradualmente ritorniamo verso la civiltà, verso il mondo in cui è la materia che appaga e rende felici..quel mondo di cui “purtroppo” anche noi siamo parte.

Dopo questa giornata pensavamo di non aver più nulla da vedere e dopo una pausa gelato nel piccolo centro di Chicuito con l’anima scossa ritorniamo verso Puno in collectivos. Un viaggio di ritorno in cui più che i paesaggi stavolta sono i pensieri a scorrere, alla stessa velocità con cui sfumano gli sfondi fuori.

Tornati a Puno, ancora una volta, riceviamo la controprova della nostra fortuna perché rimaniamo coinvolti in una delle loro manifestazioni folcloristiche più note, la “candelora”. candelora 3Fiumi di gente ci travolgono e ballerini (probabilmente scelti) molto bravi, accompagnati dalla banda, animano danze tipiche del luogo, dalla morenada al Waka Waka, rendendo la piazza un tripudio di colori, musica e allegria. Il ritmo è inevitabilmente coinvolgente anche sotto la pioggia fine che ci inzuppa i giubbotti …e la macchina fotografica, perché Vito si intrufola tra la folla a rubare gli attimi della fiesta. È un atmosfera da Carnevale di Rio e le danze si prolungano per tempo infinito, anche mentre andiamo a gustare il nostro ormai solito “menù turistico” in un ristorantino vicino allo scorrere della parata. Non ci resta che riprendere le valigie depositate nell’ hostal e prendere al volo un taxi per arrivare al terminal del bus.