MOMBASA: Taxi aeroporto-centro: c ca 1000 scellini – Visto in aeroporto: 40 dollari.
Atterrati a Mombasa la prima cosa di cui ti rendi conto, a parte il caldo avvampante, è che i controlli, in linea generale, sono un po’ “alla buona”.
Alla richiesta di visto fatta online di 50 dollari, di cui non è mai giunta alcuna conferma, hanno solo dato un’occhiata en passant. Insomma, potete fare il visto tranquillamente lì in aeroporto.
Anche con gli africani devi contrattare, come in India, ma la prima impressione è stata che i kenyani che si lanciano a venderti qualcosa siano sostanzialmente più numerosi ma meno insistenti.
Dall’aeroporto al centro di Mombasa arriverete facilmente con un taxi, che potete far scendere a 1000 scellini.
Mombasa è esplosivamente accelerata.
Sembra la scena di un film il cui nastro viene fatto scorrere in avanti. Le strade sono percorsi ad ostacoli da olimpiadi. È una complessa trama di bus, macchine, tuk tuk, matatu e folla tra cui districarti.
Spesso camminare diventa uno slalom labirintico che finisci per trovarti senza spazi, come schiacciato in un sandwich di avvenimenti in un secondo.
Le persone si “tozzano” nel loro via vai, mendicanti ti seguono supplicanti, talvolta bambini di strada coi loro panni neri come spazzacamini.
Proprio in quel preciso istante vorresti sapere, come in una partita a scacchi, qual è la mossa giusta da fare per non sembrare indifferente alla miseria dilagante e al tempo stesso non insegnare a chiedere semplicemente la carità, finendo per infondergli un concetto sbagliato. Ma da qui allo scacco matto c’è una linea sottile, e neanche vuoi farti risucchiare dal tuo relativismo culturale.
La sensazione di volerli aiutare tutti alimenta un senso di impotenza.
Ma i kenyani sono incredibilmente strategici e pieni d’energia.
Hanno quel senso di scioltezza in ogni cosa che fanno, che ti danno la sensazione che le cose siano semplici, o più semplici di quello che credi.
Se non hanno la soluzione ad un problema la inventano, ed è per questo che sviluppano idee e genialità, e sembrano non scoraggiarsi mai.
Questo mi ha dato la sensazione che nella pochezza materiale loro siano liberi davvero.
I veri prigionieri siamo noi.
Stretti alle catene del benessere, del consumismo, dei comfort, la nostra vita sembra spesso scorrere fuori da noi stessi, come se facessimo le cose che non amiamo noi ma gli altri, o ciò che ci impone la società con le sue barriere e i suoi giudizi. Viviamo di paure, ansie, angosce e pressioni, e spesso ciò che ci rende veramente schiavi sono le prigioni mentali che ci creiamo.
Molti di loro vivono la vita giorno per giorno, senza grandi aspettative, ma lo fanno scegliendo. Ognuno compie le proprie scelte, e parlando con una guida locale, sembra che molti di loro scelgano se continuare a vivere mendicando o darsi da fare per inventarsi un lavoro e migliorare la loro condizione.
Qualunque sia la scelta è pur sempre, in un modo o nell’altro, libera.
Il senso di accoglienza a Mombasa ti fa sentire a casa. Soprattutto nei sorrisi della gente e nei cenni di capo come volessero comunicarti una sorta di rispetto, quasi devozione, in un unico semplice gesto.
Ti senti a casa in un “Jambo, Jambo”, battendo pugno contro pugno come fossero amici da una vita.

Ristoranti a Mombasa
Blue room Prezzo medio: 600/800 scellini a testa.
Sicuramente più turistico rispetto ad altri, è un locale giovane e accogliente. Il posto ha un ampia sala, con piccole lanterne cinesi colorate che scendono asimmetriche dal soffitto e tavolini sotto le finestre.
Consiglio vivamente i dolci, in particolare i waffles con gelato e, se avete già un po’ di nostalgia dell’Italia, i noodles che, oltre ad essere buoni, ricordano dei vicini parenti dei nostri spaghetti.